La trottola: il gioco semplice che ci faceva sentire invincibili
La trottola di legno: gioco degli anni ’60-’90 che univa tecnica, fantasia e amicizia. Un ricordo indelebile dell’infanzia autentica.

Un oggetto semplice, un mondo intero di emozioni
Per chi è cresciuto tra gli anni ’60 e ’90, questa immagine evoca immediatamente un’ondata di nostalgia.
La trottola con lo spago, in legno massiccio e punta metallica, era molto più di un gioco: era un rito di passaggio, una sfida quotidiana tra bambini, un modo per imparare la precisione, la coordinazione e persino un pizzico di strategia.
Non servivano schermi, suoni elettronici o connessioni: bastava un marciapiede, un po’ di spazio, e la magia aveva inizio.
Come funzionava: la danza dell’equilibrio
Il funzionamento era semplice, ma tutt’altro che banale. Si avvolgeva lo spago (generalmente di cotone) intorno al corpo della trottola, partendo dalla punta in ferro. Poi si impugnava con sicurezza, si dava lo strappo deciso con il lancio e… se tutto era fatto bene, la trottola atterrava e iniziava a girare veloce, ronzando con eleganza sul pavimento.
Chi sapeva davvero giocare riusciva a farla rimanere in piedi per parecchi secondi, e i più abili riuscivano a raccoglierla al volo con il palmo della mano o a farla saltare su un tappo o su un sasso.
Ogni quartiere aveva un campione
Nel tempo in cui le strade erano piene di voci e giochi, ogni gruppo di amici aveva il suo campione di trottola.
C’erano quelli che la lanciavano sempre dritta, quelli che facevano "trucchetti", quelli che la decoravano con chiodini, vernice o incisioni, per personalizzarla come un trofeo.
E poi c’erano le sfide vere e proprie, dove si cercava di buttare giù la trottola avversaria, colpendola con la propria. Era uno spettacolo di destrezza e precisione. Si vinceva il rispetto, non premi materiali: era l’onore il vero trofeo.
La costruzione: un capolavoro artigianale
La trottola era spesso fatta a mano, dai nonni, dai falegnami del paese o persino dallo stesso bambino con l’aiuto di un adulto.
Il legno veniva levigato, la punta affilata, e poi si provava il bilanciamento: una trottola ben fatta doveva girare senza vacillare, mantenere l’equilibrio anche con una spinta irregolare.
C’era attenzione per ogni dettaglio. Alcune trottole venivano verniciate con colori vivaci, altre lasciate al naturale. Ogni pezzo era unico e raccontava una storia.
Un gioco educativo, senza saperlo
Oggi si parla spesso di “giochi educativi”, ma la trottola lo era già senza volerlo.
Insegnava pazienza, perseveranza, coordinazione oculo-manuale, e soprattutto allenava la concentrazione.
Si imparava a conoscere la fisica senza libri: rotazione, attrito, bilanciamento, tutto veniva sperimentato direttamente sul campo.
E oltre a questo, si imparava anche il valore delle cose semplici, della condivisione, del tempo passato insieme.
Il ritorno della trottola nel cuore dei nostalgici
Negli ultimi anni, le trottole di legno stanno tornando in auge, non solo come oggetto da collezione o decorazione vintage, ma anche come simbolo di una generazione cresciuta tra mani sporche di terra e ginocchia sbucciate.
Molti genitori oggi le comprano per i loro figli, nella speranza di fargli provare quell’esperienza unica, fatta di gesti veri, concentrazione e soddisfazione. Alcuni artigiani italiani continuano a produrle a mano, con lo stesso amore di un tempo.
Il confronto con i giochi moderni
È impossibile non fare il paragone con i giochi digitali di oggi. Mentre oggi i bambini giocano da soli davanti a uno schermo, la trottola richiedeva presenza fisica, relazione, competizione sana.
Si usciva di casa con la trottola in tasca e si tornava con nuove storie da raccontare, nuove tecniche da provare, nuove amicizie da rafforzare.
E non è nostalgia sterile: è memoria viva di un mondo più semplice e autentico.
Curiosità: un giro che non si ferma mai
La trottola è più di un giocattolo: è un simbolo del passato, un’eco di un tempo in cui bastava poco per sentirsi felici e invincibili.
Era un gesto, un lancio, un piccolo miracolo quotidiano fatto di legno, spago e cuore.
E anche se oggi le sue giravolte sono meno frequenti, il ricordo resta intatto, nitido come un pomeriggio d’estate trascorso sull’asfalto, tra amici e risate.