La mitica lampadina tascabile: compagna fedele delle notti di un tempo
La lampadina tascabile degli anni ’60 e ’70: simbolo di campeggi, blackout e piccole avventure. Un oggetto che accende ancora i ricordi.

Un piccolo oggetto, una grande memoria
In un’epoca in cui ogni dispositivo ha uno schermo, è ricaricabile via USB e offre mille funzioni, vedere una vecchia lampadina tascabile in metallo è come aprire una finestra sul passato. Era verde, spesso un po’ graffiata, con un interruttore a scatto e una lente convessa che regalava una luce fioca ma instancabile.
Non era solo una torcia: era un simbolo di avventura, di ingegno, di resistenza. Ogni famiglia ne aveva almeno una, magari nel cassetto degli attrezzi, o appesa con lo spago dietro una porta della cantina. E quando saltava la luce... era lei a riportare ordine nel buio.
Tecnologia d’altri tempi: quando bastava una pila grande e la voglia di cercare
La lampadina tascabile non aveva LED, sensori o batterie ricaricabili. Funzionava con una pila a torcia (tipo D), quelle grosse, cilindriche, pesanti. Bastava infilarla, premere con forza l’interruttore laterale… e si accendeva una luce calda, tremolante ma affidabile.
Il rumore “clic” era inconfondibile. E quel fascio di luce gialla era sufficiente per illuminare una stanza, il fondo di una valigia, un sentiero notturno. Non serviva altro.
L’avventura cominciava con un fascio di luce
Per i bambini, era molto più di uno strumento. Era una bacchetta magica, una spada laser, una lanterna del tesoro. Bastava spegnere la luce e accenderla sotto le coperte per sentirsi esploratori, detective, astronauti.
La usavamo per leggere fumetti di nascosto, per andare a prendere l’acqua in cortile, per controllare “strani rumori” in soffitta. Quante storie sono iniziate con quella torcia accesa in una notte silenziosa?
Blackout, scantinati e campeggi: la sua arena naturale
In assenza di smartphone e torce LED, quando andava via la corrente, si cercava lei. Sempre lei.
Che fosse in campeggio, durante una tempesta o nei giochi tra fratelli, la lampadina tascabile era l’eroina silenziosa della casa. Anche se ogni tanto non funzionava subito — bastava dare un colpetto sul lato o regolare bene la pila.
Era anche uno dei primi “strumenti” consegnati ai ragazzi in campeggio o in colonia. Chi la riceveva si sentiva improvvisamente responsabile, adulto, coraggioso.
Un design semplice, ma eterno
La scocca era di metallo, quasi sempre verniciata (verde, rossa o blu), e si scrostava facilmente con il tempo e l’uso. La lente di plastica si opacizzava, l’interruttore poteva bloccarsi. Ma tutto questo faceva parte del suo fascino ruvido e autentico.
Quel design spartano, oggi così “retrò”, raccontava un modo di concepire gli oggetti: resistenti, riparabili, essenziali. E duravano decenni.
Un ricordo che illumina il passato
Vederne una oggi è come accendere un ricordo. Ti ritrovi subito in un’epoca in cui bastava una torcia e un po’ di fantasia per creare un’avventura. Dove il buio non faceva paura, ma era lo spazio dove i sogni prendevano forma.
Non era solo un oggetto utile: era una presenza silenziosa e rassicurante, pronta a farsi carico del buio ogni volta che serviva.