Il monoscopio RAI: quando la TV si prendeva una pausa
Negli anni '70 e '80, il monoscopio RAI segnava la fine delle trasmissioni: silenzio, attesa e un'Italia che andava a dormire col televisore.

Il misterioso schermo che chiudeva la giornata
Chi è cresciuto tra gli anni ’60 e ’80 lo riconosce subito: un’immagine geometrica, colorata, apparentemente tecnica e indecifrabile. Il monoscopio RAI era la "buonanotte silenziosa" della televisione.
Dopo l’ultimo programma serale, la TV non continuava a trasmettere, non proponeva talk show notturni o repliche. Si fermava. E al suo posto, appariva lui: il mitico monoscopio, accompagnato spesso da un fischio acuto, oppure dal silenzio assoluto.
A cosa serviva il monoscopio?
Il monoscopio non era solo un'immagine ornamentale: era uno strumento tecnico, usato dai tecnici per tarare la qualità delle trasmissioni. Le bande colorate servivano per regolare la fedeltà cromatica, le griglie per la geometria e nitidezza dello schermo.
Ma per il pubblico comune, era qualcosa di diverso: il segnale visivo che la giornata televisiva era finita, che era ora di spegnere tutto e andare a dormire.
Un'epoca senza 24 ore su 24
Oggi viviamo nell’era della TV sempre accesa, delle maratone streaming, dei contenuti “on demand” a qualsiasi ora. Ma in quegli anni, la televisione era rituale, lineare, condivisa.
C’erano orari da rispettare, palinsesti rigidi e una programmazione che aveva un inizio e una fine. Il monoscopio segnava quella fine: un momento quasi sacro, che chiudeva una giornata di notizie, varietà, quiz e Carosello.
Quando la TV “dormiva” insieme a noi
Molti ricordano con nostalgia quel momento preciso: si spegnevano le luci in casa, il salotto si svuotava, e il monoscopio restava acceso ancora per qualche minuto… come se la TV stessa avesse bisogno di riposare.
Era una pausa vera. Non c’era l’ansia di cosa guardare dopo, nessuna tentazione a restare svegli: la televisione decideva per te, e tu accettavi. La giornata si chiudeva in modo netto, quasi educato.
Un’immagine che è diventata simbolo
Quel disegno geometrico — il cerchio centrale, le bande colorate, i quadrati in bianco e nero — è diventato negli anni un’icona pop.
È stato stampato su magliette, parodiato nei cartoni animati, ripreso nei videoclip musicali. Il monoscopio RAI è uno di quei simboli visivi che unisce intere generazioni, che evoca immediatamente un’epoca di rigore, lentezza e attesa.
Dopo il monoscopio: il ritorno del segnale
La mattina successiva, prima dell’inizio della programmazione vera e propria, la TV trasmetteva musica classica accompagnata da immagini fisse (famosa la serie “Vedute italiane”), o test di segnale.
Poi, finalmente, si accendeva di nuovo la voce della RAI: il giornale radio, i programmi per le scuole, le prime trasmissioni mattutine. Era il risveglio del paese, scandito da quella finestra sul mondo che era il piccolo schermo.
Perché oggi ci manca
Il monoscopio non era solo un segnale tecnico: era un confine tra il giorno e la notte, tra il pubblico e il privato. Oggi, con la sovrabbondanza di contenuti, quella chiarezza è andata perduta.
La nostalgia che molti provano verso il monoscopio è anche un desiderio di semplicità, di un tempo in cui ci si poteva “disconnettere” davvero, perché tutto il resto si spegneva con te.